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Argimusco di Montalbano Elicona (ME), dove cielo e terra si incontrano. Di regola sono molto restio a trattare argomenti che sfuggono alla solidità del conoscibile, ma incamminarsi, per la prima volta, lungo l’altopiano dell’Argimusco è stato un momento particolare. Innanzitutto per il solo fatto di essere di fronte alla manifestazione della natura, della sua forza indicibile che ha scagliato quassù, dalle profondità della crosta terreste, questi giganteschi roccioni, generati dall’amore e dal dolore della Grande madre Terra, genitrice, per i popoli della Preistoria, di vita nel cui grembo si ritornava alla fine. Quasi un altare naturale creato dalla terra, dove riunirsi per offrire vittime sacrificali per placare l’ira del grande vulcano che con tutta la sua vicina possanza sembra dominare e privilegiare chi si reca in questo luogo a celebrare la forze del cosmo.
Turisti danesi in cima ad un megalite
14 maggio 2015 - Vi è un luogo in Sicilia ove cielo e terra sembrano toccarsi mentre tutto intorno echeggiano le voci di popoli di ere lontane che quassù, a 1200 metri s.l. m. in un’area sacra, creata per loro dalla forza della natura, si incontrano con gli dei primordiali. Questo luogo è l’Argimusco nei pressi di Montalbano Elicona, storico centro abitato del messinese, incastonato tra le cime dei Nebrodi orientali, proprio lì, dove terminano le punte acuminate dei Monti Peloritani. Non c’è dubbio: appena entrati nell’altopiano dell’Argimusco, oggi appartenente alla Riserva Naturale Orientata Bosco di Malabotta, vi accorgerete di essere in un luogo dal fascino misterioso che stimola la mente ad esplorare con gli occhi i contorni dei megaliti naturali modellati, alla ricerca di forme e figure riconosciute e descritte dai primi estimatori di questo sito. Con il Gruppo Ricerche Valdemone, nella giornata di sabato 2 maggio, ho calcato i sentieri dell’ampio pianoro incrociando diversi gruppi di turisti richiamati in questo alto lembo di terra siciliana.
L'aquila con la rocca Salvatesta sullo sfondo
Ad attenderci e per tutto il percorso dei megaliti, una visione d’incanto offerta da uno scenario imponente che seduce e rapisce, ci avvolge e pare donarsi senza pretese: poco lontano il vulcano innevato dell’Etna, visibile nella sua grandiosità, protegge questo sito dalle forze di meridione mentre da occidente la Rocca Salvatesta di Novara di Sicilia si erge con forza per farsi ammirare. Ma lo spettacolo non finisce qui: a settentrione, lo sguardo spazia sui frenetici centri della Piana di Milazzo e sul promontorio omonimo, proteso verso le inconfondibili sagome delle belle Isole Eolie immerse nel Tirreno. E scostando lo sguardo un po’, verso occidente, vi coglie l’agile cupola del santuario della Madonna nera del Tindari, erta sul terso promontorio, custode di memorie antiche.
La cosiddetta “Vergine in preghiera” o "Orante"
Altopiano dell'Argimosco (lato nord)
Megaliti naturali modellati
Per tempi più recenti si muovono invece gli studi
di Paul Devins che, attraverso un profondo processo indiziario
(abduzione), gli hanno consentito di spostare, molto in avanti nel
tempo, e precisamente dal Medioevo al 1700, l’idea di scolpire le
varie forme sui grossi massi rocciosi, indicando in Arnaldo da
Villanova (1240-1313), medico e uomo di cultura, l’artefice dei
megaliti dell’Argimusco. Il Devins dopo diverse analisi effettuati
sui singoli megaliti e sulla loro disposizione è giunto alla
conclusione che tutto il complesso litico non sarebbe altro che la
rappresentazione in terra di alcune costellazioni. L’altopiano è una
mappa stellare, dove “tutte le costellazioni poste sulla linea
dell’orizzonte si riflettono toccando quasi sul terreno le proprie
gigantesche controfigure megalitiche dell’Argimusco” . Così,
rivolti verso sud, da est verso ovest, avremo le costellazioni del
Cigno, della Freccia, dell’Aquila, del Serpente, del Serpentario,
della Vergine, del Leone, del Corvo, dell’Idra e del Cratere.
L'aquila: la costellazione e il megalite dell'Argimusco
E sulla vita e le opere del medico catalano, Arnaldo da Villanova, si è svolto alcuni giorni fa un Convegno internazionale di studi con la partecipazione di studiosi italiani e spagnoli, proprio nella grande sala del castello, vicino all’attigua cappella palatina a pianta quadrata, nella quale, secondo la tradizione, riportata nel XVI sec. da Tommaso Fazello, a distanza cioè, di appena duecento anni dalla morte di Arnaldo, fu sepolto il grande medico e precettore del figlio minore di Re Pietro e di Costanza II di Svevia, Federico III, divenuto a sua volta sovrano di Sicilia dal 1296 al 1337.
Un roccione con una profonda cavità sepolcrale (Francesco Coiro).
All’apertura del Convegno, il sarcofago in pietra è stato
ricollocato solennemente al centro dell’edificio sacro e una targa
commemorativa, in catalano e in latino, ricorda il grande uomo di
cultura, consigliere dei re aragonesi e medico di papi, che in una
sua opera, Defloratio Philosophorum così scriveva: […] sua
nutrix est terra. Ad haec dicit, tunc ascendit de terra in coelum,
et descendit iterum in terra, et in se terra sic perforata accipiet
fortitudinem superiorem, et inferiorem […].
Un momento del Convegno sul Villanova Sarcofago in pietra di Arnaldo Villanova
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Contenuto dell'epigrafe commemorativa posta sulla tomba del medico catalano il 7 maggio 2015. |
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