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Racconto semiserio di un cittadino di mezza età ferito nelle sue certezze repubblicane: Diritti e Doveri Costituzionali ossia princìpi democratici o disfattismo?

 

Stefano si avvicina alla soglia dei sessanta anni, vissuti dignitosamente con un modesto lavoro di amministrativo presso una multinazionale farmaceutica, dove ha trascorso tutta la sua vita lavorativa fino al tragico settembre del 2005 quando una maledetta lettera lo informava del licenziamento. Un fulmine a ciel sereno. Dopo 25 anni si trovava senza un lavoro. Cosa fare? Gli otto mesi di indennità di disoccupazione erano volati via lasciando deserto. Ciò che ancora lo rattrista è stato il mutuo trentennale per l’acquisto dell'appartamento, rimasto da pagare ancora per altri cinque anni dal licenziamento e per il quale ha dovuto impegnare tutto l’esiguo Tfr. Adesso possiede una casa, la sua casa. Deve provare appagamento per un traguardo raggiunto dopo tanti anni di privazioni. Eppure Stefano si sente svuotato, solo tra quelle pareti, testimoni di gioie per la nascita dei due figli, Mirko 21 anni fa e Marcello 25. Guarda i mobili e per ciascuno di essi ricorda le discussioni, le preoccupazioni, i sorrisi di Elena, la sua dolcissima moglie, nel momento del loro acquisto. Gli si inumidiscono gli occhi. Quel maledetto inverno del 2011 Elena, così come un battito di ali di una farfalla è volata via a causa di un ineffabile male.

Incespica entrando in bagno ma si drizza riacquistando l’equilibrio. Si trova davanti  allo specchio pronto a ripetere i soliti gesti. Ma questa mattina non ha voglia di radersi. Con la mano striscia la guancia. Ogni mattina, dopo essersi sbarbato è solito andare al Bar, vicino casa, per un caffè, per  quattro chiacchiere con gli amici e,  soprattutto,  perché può sfogliare l’insostituibile quotidiano che il proprietario del Bar mette puntualmente a disposizione dei clienti. Questo gesto semplice di fidelizzazione nei confronti dei clienti ha permesso a Stefano di non privarsi del misero obolo giornaliero che risparmia solo per investirlo in una tazzina di buon caffè, sorseggiato con gusto  mentre il vociare e i ritmi della città lo avvolgono.  Non se la sente proprio. Non ha alcuna voglia di uscire, avverte dentro un irrefrenabile desiderio di gridare, quasi urlare per spingere fuori la rabbia che da giorni monta sin dalle viscere. E’ senza denaro, con due figli senza un lavoro sicuro ma precario e con lunghi periodi di inattività.

E da alcuni giorni Stefano accusa una certa nausea nel solo leggere o sentire notizie legate ad attività di malaffare organizzate da apparati dello Stato. Poi lo indispongono i resoconti giornalistici sugli sperperi di denaro pubblico divorato nella realizzazione di piccole e grandi opere sulle quali, politici, funzionari e faccendieri corrotti  hanno lucrato, tutto a vantaggio delle proprie tasche, già strapiene e traboccanti di denaro. E tutto questo avviene mentre lui, i suoi figli, e tanti altri nelle sue condizioni si impoveriscono. Per mangiare deve affidarsi alla buona volontà dei Volontari della Caritas. Appoggia le mani sul lavabo e davanti a sé, riflesso nello specchio, non vede sé stesso, ma un’altra persona visibilmente stanca. Le mani si stringono come una pressa mentre monta la voglia di gridare a tutti la sua rabbia.

E quell’immagine riflessa, riconosciuta tutta una vita, adesso gli sembra quella di un estraneo. Pare il simulacro di un uomo sconfitto, ferito nelle sue convinzioni, nelle certezze di una vita.  Gli appare la sagoma appiattita di uno che, nella vita, ha sempre rispettato e seguito le regole, versato tasse e imposte o sborsato fino all’ultimo centesimo per tutto, per tutto lo stretto necessario e sempre quasi al limite della povertà. Gli sembra la fisionomia di uno che si commuova nel sentire l’inno nazionale.  E forse, anche lui, l’estraneo che sembra predisposto ad ascoltarlo, ha assistito impotente allo scialacquio di certe persone che hanno, senza alcun ritegno per l’Ufficio che ricoprivano, succhiato denaro  per il solo ed esclusivo desiderio di essere più ricchi, ancora di più, e ancora, sempre di più.  E Stefano inizia a parlare, a dialogare con quell’estraneo affacciato, per l’occasione, allo specchio del suo bagno sul quale riversa tutta la rabbia.

«18 marzo 2015 -  Fuori il Ministro dal Governo! Via dal Ministero!! Gridiamo e ci sgoliamo arrabbiati e tutto questo perché … Ma perché volevamo esserci noi al suo posto ed essere in grado di telefonare  all’amico potente di turno per trovare un lavoro a nostro figlio oppure avere l’occasione di ricevere un rolex autentico in regalo. In Italia abbiamo creato un sistema a due facce: da un lato, quello che si sbandiera in pubblico e dall’altro, quello che si fa realmente all’ombra di palazzi e corridoi.  Abbiamo svuotato di significato alcune parole perché anacronistiche e non attinenti con la gestione Affaristica (Libertè), Nepotistica (Egalitè) e Lottizzata (Fraternitè) della Cosa Pubblica. Parole diventate vuote, quali:  Patria! cos’è? Solo l’immagine etica e morale di una Comunità regolata da Leggi; la si sente pronunciare solo nelle cerimonie del Presidente della Repubblica.

Nazione! E’ solo un simbolo identitario  di appartenenza, improponibile oggi perché sa di cose sorpassate e di vecchiume, cause di una guerra mondiale. Concorsi pubblici! Si trovano solo nei programmi virtuali  ed elettorali dei partiti. Diritto ad un lavoro per vivere dignitosamente! Una favola d’altri tempi. Casta di privilegiati pubblici! Solo protesi a difendere ad ogni costo le loro personali conquiste sociali. dipendenti pubblici al servizio dei Cittadini,  servizi pubblici efficienti, ecc.. »

«Stando alle numerose e, da diversi anni a questa parte, quasi quotidiane notizie di malaffare a danno degli interessi pubblici, a malincuore non possiamo non affermare che la realtà italiana si sia maggiormente stabilizzata su un unico effettivo binario portante:  aggirare segretamente  le regole ed affermare poi, in pubblico, l’assoluta ed incrollabile fede nelle stesse.  Parliamo di Diritti Costituzionali ma ci dimentichiamo quasi sempre dei Doveri Costituzionali, anzi vorremmo che  gli altri osservassero i doveri mentre i diritti toccano solo a noi.  Agire o svolgere il proprio lavoro o incarico onestamente è diventato materia oscura, oggetto solo di barbosi convegni o dissertazioni teologiche da sbandierare in pubblico mentre, intimamente pensiamo  a come e a chi rivolgerci per la definizione di  una questione personale. Ma assumere un comportamento simile  è cosa normale, ovvia: chi non farebbe così per trovare un lavoro o incarico nel settore pubblico? Tutti! Nessuno escluso».

«Se per caso ci siano persone, residenti in Italia, che non si comportano così, questi sono senz’altro da definirsi forse Onesti? No! Buoni Cittadini rispettosi delle leggi? No! E allora come possiamo definire questa categoria di individui? anarchici, nostalgici, demagoghi, illusi, visionari,  gente che non ha capito un c…. della vita, ecc. Ecco chi sono! Eppure la via da seguire per una società più giusta che possa operare ed agire per raggiungere l’obiettivo principale di uno Stato, cioè perseguire un sempre più alto livello di felicità per i propri cittadini, è tracciata da tempo, ma pochi o molti che siamo, giriamo lo sguardo dall’altra parte e tiriamo dritto per la nostra personale strada. Saluti da Stefano R., un cittadino qualunque incazzato nero».

 

    

 

 

 

 

 

 

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