Sito personale di Piero Gazzara

ARCHIVIO

    

Le primavere arabe: paura della democrazia?

 

 


 

              Chi ha paura della democrazia. I grandi stravolgimenti che si susseguono a ritmo incessante da alcuni mesi nei Paesi del Magreb e i nuovi tumulti di questi giorni nelle piazze dell’Egitto suscitano timori e paure nelle diplomazie occidentali. Quasi tutte le rivolte popolari contro i governi “personali e nepotistici” della Tunisia, della Libia, dell’Egitto, dell’Algeria e della pericolosa Siria iniziano dall’interno di quelle stesse società. Sono maggiormente i giovani, attirati dalle libertà dei paesi occidentali, dal benessere “fasullo” o di “facciata” propagandato dalle Televisioni satellitari, dalle pagine “omnicomprensive” del WEB, unito alla continua repressione poliziesca dei loro regimi miopi e affaristici (in Siria le leggi speciali che hanno permesso al regime di controllare stampa e movimenti politici, sono in vigore dagli anni sessanta), gli artefici delle rivoluzioni. Qualsiasi Rivoluzione o cambiamento radicale, all’interno di una società composita, ha sempre determinato conseguenze imprevedibili e difficilmente si è riusciti a prevedere l’evoluzione. Adesso vi sono interi Paesi, cosiddetti arabi, in uno stadio di ricerca di assestamento politico e in una situazione economica particolare. Una massa di giovani e adulti che premono per una sistemazione lavorativa nel seno del loro paese; intere fasce di persone che avevano un lavoro, insegnanti, impiegati ed altro, che pretendono di poter continuare a svolgere la propria attività lavorativa.

            Come non pensare agli aiuti economici degli Stati Uniti nel secondo dopoguerra (Piano Marshall) che intervenne per sostenere le società europee, quella italiana in particolare, con invii alimentari e finanziari. Il nostro Paese, uscito fuori dalla seconda guerra mondiale, si trovò radicalmente cambiato, con una classe politica nuova, frazionata in tanti gruppi e ideologicamente schierata grossomodo in due macro aree, quella liberal-democratica e quella comunista, oltre ad una massa di persone da Sud a Nord in cerca di lavoro e di cibo. L’intervento americano riuscì a fare da ammortizzatore per i tempi immediati, mentre ancora per alcuni anni l’agricoltura occupò un gran numero di reduci. Sarà solo a partire dagli anni cinquanta che l’industria assorbirà totalmente la gran massa di italiani togliendoli dall’insicurezza sociale con la certezza di un reddito fisso. Ciò contribuì ad allontanare il “pericolo comunista” almeno per l’Italia, la Francia e una parte della Germania.

             Adesso, i paesi dell’Africa mediterranea sono allo sbando, privi di strutture agricole ed industriali tali da assorbire e dare risposte alle richieste dei popoli liberi ma pretendenti immediatamente al livello di benessere economico e sociale: aspirazioni per cui si sono sollevati contro il loro sistema politico. Non basterà da solo il petrolio della Libia a risolvere le richieste di libertà dei libici, non basterà da solo il turismo della Tunisia o dell’Egitto, non basteranno da soli i giacimenti di Gas dell’ Algeria: le forze caotiche e la pressante richiesta dei vari popoli potranno facilmente evolversi in disordini interni e in aspettative disilluse, tali da spaccare il fronte popolare, unito nella prima fase contro un nemico visibile e certo, e tra non molto, anzi in questi giorni che seguiranno, diviso tra democrazia occidentale e fondamentalismo religioso. Ecco perché le democrazie occidentali non dovrebbero trasformarsi in fortezze industriali ma intervenire con sostegni economici e finanziari verso questi paesi del Magreb, altrimenti il timore o la paura di vedere sulle spiagge vicine paesi usciti fuori da regimi totalitari ed entrare in quelli fondamentalisti, non saranno lontano dalla realtà.

 

 

Home Page
Indice Archivio

 

 

 

Powered by Piero Gazzara - © 2013