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Rometta bizantina

In contrada sottocastello riaffiora una cripta legata alla fondazione stessa del centro messinese. L’input dagli studi di Scibona.

 

 

dadel 15 febbraio 2013 – anno XX n.6.

di Piero Gazzara

 Le scoperte di questi ultimi anni legate al nostro passato, da quelle del 2008 della necropoli preistorica a S.Andrea, dai reperti del I sec. d.C.  nella Villa Comunale a Rometta Marea e, per ultimi, le sepolture ipogee a Rometta,  fanno suscitare curiosità ma anche interesse per conoscere la storia del proprio paese. E qui, a Rometta, piccolo centro ostinatamente ed orgogliosamente abbarbicato in cima ad una solida ma scoscesa rupe, epicentro difensivo da sempre di un vasto territorio dove le tracce della frequentazione umana partono dall’età Eneolitica (nella sua fase più antica, di Stentinello) per attraversare  tutte le età dei metalli, sino ad entrare nella storia  con l’esperienza ellenistica per salire sino alle soglie dell’anno mille con le turbinosa esperienza dell’età arabo-bizantina. Ed è in questa ultima fase, permeata insieme da santi e pii uomini, chiusi nelle loro laure o cenobi, e da una moltitudine di gente, di tutte le classi sociali, in cerca di sopravvivere al duro ed infinito scontro titanico tra due Civiltà, quella emergente, l’Islam  e quella più matura, la Bizantina, erede dei fasti di Roma. Alla fine, in Sicilia sarà quella islamica ad avere il sopravvento proprio con la conquista di Rometta (Erymata o Remata) il 5 maggio del 965.

Rometta conserva molti segni, ancora oggi visibili, ma non tutti. C’è molto ancora da portare alla luce come ad esempio le diverse grotte utilizzate come chiese, della tarda antichità, conosciute solo perché negli anni sessanta del secolo scorso, l’archeologo Scibona, li scoprì e li rilevò pubblicando nel 1982 le risultanze delle sue scoperte sulle pagine dell’Archvio Storico Messinese sotto l’egida della benemerita Società Messinese di Storia Patria. Una di queste è fruibile da tempo: si tratta della basilica rupestre di Sottosangiovanni riadattata e trasformata successivamente  in moschea. Ma un’altra di queste era occulta, sino ad oggi, alla nostra vista. Infatti, sabato 2 febbraio,  la prima di queste, la Cripta-Chiesa o cella in contrada sottocastello è stata localizzata nella parete nord della collina di Rometta all’interno di una folta ed inestricabile  vegetazione che ne impediva persino l’individuazione da lontano. La Cripta-Chiesa di sottocastello ci appare come una grotta, interamente scavata nella parete rocciosa. Al suo interno l’ipogeo ha una forma quadrangolare misurando quattro metri per ogni lato e circa tre metri in altezza. Un muro in pezzame di pietra, coperto da uno strato di intonaco di calce e in alcuni tratti di cemento, chiude l’imboccatura della grotta lasciando solo una apertura larga un metro e una piccola finestra a lato, larga la metà.

Tracciata sulla parete frontale interna, in alto, si intravede chiaramente una croce greca e due edicolette poste, quest’ultime, sulla parete orientale assieme ad una più ampia scansia ricavata ad angolo con la parete frontale. Troppo piccole per dimensioni sia l’entrata che la finestra per far entrare la luce naturale per questo si doveva utilizzare la luce proveniente dalle lucerne ad olio appese ai muri tramite chiodi di ferro. Come tutte le grotte anche questa porta i segni di un utilizzo successivo alla sua realizzazione da ascriversi all’uso agricolo di deposito di attrezzi da lavoro e di ricovero per animali domestici. Ad attirare l’attenzione è l’esistenza di una grotta ricavata nella parete di sinistra e non segnalata nella relazione descrittiva dell’archeologo Scibona. Con molta probabilità non fu registrata perché celata da un muro che ne impedì la vista. Successivamente il proprietario, un anziano agricoltore, demolì il muro e trovò così un ulteriore vano, già scavato, da utilizzare per le sue esigenze lavorative. La cavità, secondo l’architetto Filippo Imbesi, uno dei partecipante alla spedizione e non nuovo a simili esperienze per le sue esplorazioni dei siti ipogei della valle del Longano, sembra possedere le caratteristiche di una camera funeraria cosiddetta “a forno” facente parte di un complesso trogloditico protostorico formato da due vani riferiti all’età del ferro e solo in epoca successiva fu riadattata con escavazioni alla forma attuale ricavando il tetto a spiovente ed incidendo la croce quadrata sulla parete frontale sotto la linea di culmine. Ciò lo si evince, come lo stesso Imbesi riferisce nelle linee arcuate di scavo sommitali della grande camera centrale (leggibili nel contrasto tra la superficie verticale e i due spioventi della copertura) che riconducono a un’originaria semicircolarità (maggiormente evidente agli estremi) della parte sommitale”. Fatto sta che il suo utilizzo certo lo si deve far risalire allo spirare della tarda antichità quando le contrade romettesi furono interessati da una forte migrazioni di popolazioni costiere che sulle sommità dell’entroterra cercavano sicurezza e riparo dalla vastitas barbarica del V sec. d.C. e successivamente dalle devastanti incursioni saracene. Una popolazione già cristianizzata che trovò utile adoperare cavità già esistenti ed altre ricavate nella balze rocciose sia come abitazioni che come luoghi di culto. Ipogei sacri differenziati dalle abitazioni trogloditiche dai simboli incisi o dipinti che si trovavano all’interno e dei quali la cripta-chiesa romettese, appena riportata alla luce, ha conservato quali simboli del primitivo cristianesimo, primi fra gli altri  la Crux quadrata o greca e il Chrismòn, quest’ultimo sembra leggersi su una delle pareti interne, mentre ad epoche diverse si deve l’incisione di una croce latina-croce della Passione. Una cosa è certa: lo studio della chiesa rupestre di sottocastello e il rilevamento dei numerosi siti della Rometta segreta continua.

 

Alla riscoperta della Cripta rupestre: (nella foto) Giuseppe Venuto,

Salvatore Felice, Loredana Cavallaro, Piero Venuto, Pippo Lisa,

Filippo Imbesi, Ettore Lombardo, Salvatore Natale; 

Anotnino Saya e il sottoscritto fuori obiettivo.

 

 

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